LA SITUAZIONE

Nonostante la scoperta della mutazione genetica responsabile dell’emiplegia alternante, questa sindrome è ancora poco conosciuta e studiata, e presumibilmente sottodiagnosticata. Il fatto che la mutazione ATP1A3 non sia presente nella totalità dei pazienti complica infatti la diagnosi, che nei casi di negatività viene tuttora effettuata su base esclusivamente clinica e per esclusione di altre malattie similari.

L’individuazione della mutazione che causa l’emiplegia alternante ha senza dubbio costituito la prima tappa fondamentale verso la messa a punto di un farmaco specifico ed efficace per la malattia. Alcuni studi funzionali in questo senso sono già stati avviati, offrendo così alle famiglie colpite da questa grave malattia, in Italia e nel mondo, una concreta speranza per una migliore qualità di vita per i propri figli.

Questa scoperta ha aumentato inoltre la consapevolezza riguardo all’emiplegia alternante, nella comunità scientifica, presso le istituzioni pubbliche e nella società in generale, influenzando in particolare il processo diagnostico e rendendolo più tempestivo ed accurato.

Se da un lato lo sviluppo di un nuovo farmaco specifico per questa malattia richiederà necessariamente tempi lunghi e grandi investimenti nella ricerca, è fin da ora possibile ottenere un notevole beneficio grazie alla messa a punto di un test specifico della mutazione, da utilizzare per la conferma della diagnosi in ogni nuovo caso di sospetta emiplegia alternante. Ciò ridurrà drasticamente la percentuale di diagnosi errate e tardive che troppo spesso fino ad oggi hanno fatto sì che molti pazienti venissero curati con terapie inappropriate.

L’emiplegia alternante è una delle molte malattie rare non ancora riconosciute dallo stato italiano ai sensi del Decreto Ministeriale sulle Malattie Rare N. 279/01, e non le è stato pertanto ancora concesso il codice di esenzione, necessario per la presa in carico dei pazienti che ne sono affetti da parte dei Servizi Sanitari Regionali.