Nell’ambito dell’ultimo Meeting delle Famiglie A.I.S.EA si è ampliamente discusso sul trattamento MAM, una metodica basata su un apparecchio innovativo, il Modulatore Acustico Muscolare, brevettato nel 2007 per il trattamento del dolore. I risultati positivi della sua applicazioni su due dei nostri giovani con emiplegia alternante hanno suggerito al Direttivo di approfondire l’argomento portandolo all’attenzione delle famiglie dei pazienti, per condividere l’avvio di un possibile progetto pilota.
Due specialisti, il prof. Sandro Mandolesi, chirurgo vascolare, e il prof. Tarcisio Niglio, esperto del Servizio Elaborazione Dati Epidemiologici dell’I.S.S., hanno illustrato l’approccio MAM e i risultati preliminari della sua somministrazione a tre pazienti con emiplegia alternante.
In cosa consiste il trattamento con vibrazione MAM?
Il trattamento MAM, in origine impiegato per la terapia del dolore localizzato, è stato successivamente utilizzato anche per favorire il drenaggio del liquor, una sostanza che circonda il cervello e il midollo spinale (liquido cefalo-rachidiano). Fisiologicamente questa sostanza, che protegge e permette il buon funzionamento del sistema nervoso centrale eliminando le sostanze di scarto prodotte dalle cellule di cervello e midollo spinale, viene drenata sia mediante il sistema circolatorio che attraverso il sistema linfatico. L’insufficiente drenaggio del liquor, che si riscontra ad esempio nei pazienti con sclerosi multipla, può determinare un accumulo di sostanze nocive.
“L’apparecchio MAM emette una speciale onda acustica modulata in potenza e frequenza, la vibrazione MAM. – spiega il prof. Mandolesi – Una sonda cilindrica viene posizionata sulla cute o attraverso gli abiti, senza utilizzare alcun mezzo di contatto quale olio, acqua o gel, in corrispondenza delle zone da trattare, che sono state mappate in precedenza. Nel trattamento del dolore, il fascio di onde attraversa i tessuti e sblocca le contratture muscolari che lo determinano, con beneficio già dalla prima seduta. Nel caso invece di un trattamento drenante, si interviene decongestionando i pacchetti linfonodali di tutto il corpo. Parliamo di un trattamento non invasivo, indolore e rapido.”
Il “massaggio” mirato ad alleviare la congestione dei linfonodi localizzati nella regione pelvica e degli arti inferiori si chiama “DrenoMAM”, il “massaggio” decongestionante che viene eseguito con il macchinario sulle stazioni linfonodali del capo e del collo è denominato “AcuMAM”. L’applicazione di questi due trattamenti in pazienti con sclerosi multipla in fase avanzata e progressiva ha dato ottimi risultati sia sui disturbi di deambulazione (DrenoMAM) sia su fatica cronica, memoria, sonnolenza e sul miglioramento della qualità di vita (AcuMAM). Dall’unione di questi due trattamenti, nel 2022 è stato messo a punto il protocollo fluidodinamico ambulatoriale intensivo MAM per migliorare il drenaggio del liquor encefalico e midollare.
Test preliminare della terapia MAM su tre pazienti con emiplegia alternante
Nel 2023, un paziente del prof. Mandolesi ha chiesto se il trattamento con MAM poteva aiutare un amico con emiplegia alternante. In accordo con la famiglia è stato fatto un test e, visti i risultati molto positivi, si è proseguito con un protocollo specifico per il ragazzo. Lo stesso iter è stato intrapreso in via del tutto sperimentale da altri due giovani con la sindrome di EA. Tutti i tre i casi non presentavano crisi epilettiche.
Alle dottoresse specialiste del Gaslini, Elisa De Grandis e Michela Stagnaro, è stata richiesta la valutazione neurologica e neuropsichiatrica dei pazienti attraverso la scala valutativa specifica per l’emiplegia alternante, prima e dopo il ciclo di somministrazioni. A partire da tre mesi prima dell’inizio del trattamento fino a tre mesi dopo l’ultima terapia le tre famiglie hanno compilato un diario delle crisi dei ragazzi con un questionario elaborato in maniera semplice dal prof. Niglio, che ha scelto di focalizzare l’attenzione sull’andamento delle crisi (tipologia, frequenza, durata), non sul singolo paziente proprio per la complessità della malattia che ha manifestazioni estremamente variabili e soggettive di difficile valutazione. Sono state eseguite circa 10 sedute della durata di 1 ora a distanza minima di 1 settimana l’una dall’altra, con un intervallo massimo non superiore ad 1 mese tra una seduta e la successiva. Dei tre ragazzi che hanno intrapreso il mini test preliminare uno è risultato non valutabile poiché non è riuscito a completare il ciclo, mentre per gli altri due soggetti è stata effettuata l’analisi dei dati del questionario.
“I risultati ottenuti appaiono positivi, seppur orientativi e limitati ai soli due casi analizzati. – spiega il Prof. Niglio – Dai dati di entrambi i ragazzi emerge che gli attacchi emiplegici totali sono diminuiti dell’81%, quelle parziali del 97% e le crisi di rabbia del 50%; anche la durata media dei singoli episodi si è abbreviata. Per contro, si è registrato un aumento molto significativo dello stato di spossatezza e di mancanza di forza, fino al 220%. L’esperienza effettuata suggerisce che vale la pena approfondire lo studio su un campione più ampio di pazienti, almeno dodici sulla popolazione di una cinquantina di soggetti circa colpiti dalla malattia in Italia. In questo modo si potrà valutare meglio se ci siano i presupposti per avviare un progetto specifico.”.
Possibili sviluppi
Tra entusiasmo e cautela dei presenti, al Meeting è scaturita una discussione critica propositiva che ha coinvolto i medici specialisti e le famiglie. Si è convenuto sull’opportunità di vagliare ogni strada che possa portare un beneficio alla qualità di vita dei malati rari di EA nel rispetto delle regole scientifiche, stabilendo dei protocolli severi con parametri interpretabili scientificamente e sotto la supervisione di un comitato etico e di un comitato scientifico, onde impostare lo studio fin da subito in maniera corretta ed efficace, senza disperdere energie preziose.