Emiplegia alternante e scuola: l’impatto della didattica a distanza, pregi e difetti. Intervista

Facciamo il punto sulla DAD (didattica a distanza), indagando pregi e difetti di questo nuovo sistema educativo imposto alle famiglie dall’emergenza Coronavirus. Lo facciamo con un’intervista a Rosa Clemente, psicologa e psicoterapeuta sistemica famigliare, che segue da anni una studentessa con Emiplegia Alternante e oggi la supporta nell’apprendimento scolastico attraverso la DAD.  Grazie per quest’analisi e per lo sguardo positivo al futuro.
Buongiorno Rosa, quale è il tuo ruolo nell’affiancare la studentessa nel percorso scolastico

Buongiorno. Decisamente mi definirei un coach. Sono una psicologa e questo però non mi ingessa nel ruolo che ho, in alcuni casi mi diverto a indossare un’altra etichetta, più pratica. Nel rapportarmi nel quotidiano scolastico combino quella che è la psicologia con il mondo scolastico e relazionale dell’intra-psichico. In fondo, che cosa importa come ci chiamiamo e chi siamo? Importa la funzione che abbiamo, ossia quella di fare da ponte relazionale. L’obiettivo è cercare di tradurre le abilità intrinseche dell’individuo in modo che la comunicazione sia universale.

In che modo cambia l’insegnamento nella didattica a distanza, specie per chi ha una disabilità come l’emiplegia alternante?

È un impatto abissale, nessuno era pronto a tutto ciò. L’unica possibilità è l’accettazione, al pari di un lutto, e vedere il cambiamento come una risorsa. Non escludo che tutto ciò possa veramente essere utile, ma solo se c’è una sublimazione. E qui si apre una nuova sfida, non solo per il presente ma anche per il futuro. Il ruolo della scuola, che tanta parte ha nell’educazione, deve ribaltare la considerazione degli alunni che contribuiscono a renderla tale. Questa assenza può rafforzare ciò che prima si dava per scontato: il valore umano, magico connubio fra psiche e corpo. Ovviamente per i ragazzi con problemi le difficoltà aumentano in modo esponenziale: si perde la possibilità di toccare l’apprendimento. Se tutto è lasciato al sistema visivo e uditivo l’empatia viene meno. I ragazzi con l’emiplegia alternante sono più soggetti a depressione e restrizione della sfera sociale, una criticità già in tempi di pre covid-19

Può instaurarsi un rapporto empatico tra studente e docente senza la presenza fisica?

Tutti possediamo un cellulare, un tablet… (non siamo più negli anni 90). E quindi il processo empatico con il proprio strumento elettronico, al pari di un tamagotchi, era già in atto. Quello che deve cambiare da parte del caregiver di riferimento (docente, educatore…) è l’impostazione del lavoro, non più verticale ma orizzontale. Per orizzontale intendo un contatto più parificato delle prestazioni, farsi stupire dai ragazzi, allontanarsi un attimo dalla didattica o approfondire ciò che già si è fatto e aspettare il momento opportuno per trovare un nuovo input per proseguire con l’apprendimento. L’empatia nasce da questo dare ma anche ricevere.

Come mantenere alta l’attenzione dello studente nella DAD?

L’attenzione tende a essere selettiva, automaticamente e irresistibilmente attratta dall’area di maggior interesse o preoccupazione personale. I ragazzi sono preoccupati della loro prestazione scolastica  (narcisismo intrinseco auto conservativo) specie chi ha difficoltà sente il peso della diversità di prestazione. Per mantenere alta l’attenzione bisogna garantire la continuità del lavoro, non abbandonare emotivamente più che didatticamente il ragazzo con forme alternative, aldilà della didattica, come la possibilità di esplicitare la paura provata per ‘questa puzza di virus’ (come dice un mio paziente Asperger) attraverso racconti, disegni e, perché no, anche una poesia.

I genitori di un alunno con disabilità come vivono la didattica a distanza?

La scuola è completamente vissuta in parallelo dai genitori per un ragazzo con autonomia labile, tutto passa dalla gestione genitoriale, dal materiale didattico all’esecuzione dei compiti. Se questo rende più gravosa la convivenza famigliare, il contatto che il genitore instaura con il mondo del figlio, e viceversa, può rappresentare un ennesimo momento di crescita.

Si può conservare una relazione inclusiva con il resto della classe?

Sull’inclusione tante sono le sfide ancora da compiere. La DAD (didattica a distanza), avendo azzerato la fisicità, ha fatto sì che la scuola si sia trovata in una dimensione di ‘Vita Nova’. Tutti i ragazzi si sono ritrovati in una nuova competenza scolastica parificando le etichette didattiche. L’inclusione è stata compiuta dall’appello all’avere una casella web paritaria per tutti.  Si è creata così una vicinanza fatta di persone senza stigmi ed etichette.

In che modo è possibile far emergere le risorse personali dell’alunno?

I ragazzi con difficoltà hanno dimostrato l’attaccamento alla scuola e, grazie alla loro base sicura, hanno potuto tirare fuori le risorse interiori. Le risorse a volte sono sopite mentre questo livello di stress ha provocato un risveglio delle prestazioni anche più inconsce. I docenti, al pari dei genitori, hanno potuto osservare i loro figli da una posizione privilegiata e tastare le loro criticità, ma nel buio più totale c’è sempre la possibilità di poter rinarrare e poter aspirare a migliorare. Quindi la tenacia dei ragazzi con difficoltà: ogni giorno essere operativi può sviluppare resilienza, e ciò potrà ancor di più aumentare l’efficacia dell’apprendimento.

 Cosa si perde e cosa si acquista nell’insegnamento attraverso la didattica a distanza?

Ancora, la DAD ha fatto perdere il senso del tatto: il toccare un luogo che è diverso in cui si assume un ruolo di alunno (divisa dell’alunno), e quindi poter far comprendere il messaggio in modalità non verbali. La cosa che ci dovremmo portare dietro da tutto ciò è la possibilità di contemplare nelle scuole presenze non solo fisiche come quaderno e penna ma anche la possibilità che finalmente gli amplificatori culturali elettronici trovino una collocazione più idonea in un contesto di classe.

 In questo modello didattico hai imparato anche tu qualcosa di nuovo?

La ‘puzza di virus’ ha insegnato a noi tutti a rispettare i tempi e la natura. Personalmente, penso che dovremmo fermarci un attimo e capire le positività del tutto. Specie per i bambini con difficoltà la possibilità di utilizzare la strumentalizzazione elettronica non è più intesa in quanto handicap ma in quanto già nel futuro.

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