L’undicesimo ATP1A3 in Disease Symposium si è svolto a Chicago, presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine con l’obiettivo di stabilire ed approfondire la traiettoria della ricerca futura, in particolare rispetto allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per i disordini ATP1A3 correlati.
La prima sessione
La prima sessione è stata dedicata agli studi del Consorzio IAHCRC, a sottolineare quanto la puntuale descrizione della storia naturale di una malattia rara, e in particolare quindi dell’Emiplegia Alternante (EA), sia determinante specialmente per la programmazione di trial clinici.
La dott.ssa Eleni Panagiotakaki, Ospedale Universitario di Lione, ha aperto quindi la prima sessione, dal titolo “Disease Natural Hystory” con una panoramica su finalità ed organizzazione del Consorzio IAHCRC e sulla piattaforma “CLOUD” utilizzata per la raccolta dati degli studi, creata dallo Istituto IEMEST di Palermo in collaborazione con la Data Manager ed ex presidente AISEA Rosaria Vavassori. Ha inoltre brevemente presentato uno studio retrospettivo epilettologico ed elettroncefalografico su 32 pazienti francesi con EA, descrivendo in particolare la molteplicità di tipologie di crisi epilettiche presenti nella malattia (focali, atoniche, toniche, miocloniche, generalizzate tonico-cloniche, disautonomiche, stati di male epilettici) ed un particolare pattern eletroencefalografico di scariche simil-epilettiformi, individuato in 3 soggetti, a lenta progressione, nell’arco di ore, quasi a mimare una “spreading depression”, fenomeno che verrà poi approfondito da Van der Magdeberg nella sua presentazione.
È stata poi la volta del professor Mikati, Duke University, che ha descritto lo studio clinico di raccolta dati OBSERV-AHC, in particolare la metodologia statistica che è stata applicata, che prevede la combinazione di un’analisi retrospettiva (ossia su dati raccolti “a posteriori”) insieme ad una longitudinale (analisi al tempo 0, e a distanza di 1 e 2 anni). I dati sono in fase di analisi, in fase preliminare ha sottolineato come sia ipotizzabile la presenza di un decorso lentamente progressivo nel tempo per quanto riguarda gli aspetti cronici della malattia, rispetto agli aspetti parossistici che invece sembrano migliorare. È stata rilevata inoltre, nel 37% dei pazienti, la presenza di apnee non sonno-correlate, in particolare nei soggetti E815K: è importante prevedere, soprattutto per questi ultimi pazienti, l’esecuzione di una polisonnografia o di un video-elettroencefalogramma (EEG) in poligrafia (ossia abbinando lo studio del respiro).
La dott.ssa Prange, Duke University, ha quindi descritto lo studio collaterale della libreria video e del diario delle crisi, recentemente pubblicato, sottolineando come l’addestramento attraverso video dei genitori nella corretta definizione della tipologia di crisi possa aiutare la loro corretta determinazione ed aiutare nella compilazione del diario, strumento utile per valutare l’efficacia longitudinale dei diversi approcci terapeutici.
La dott.ssa Patel, sempre della Duke University, che ha presentato i risultati preliminari sull’efficacia del CBD (cannabidiolo) nell’EA, ha puntualizzato come il farmaco sia risultato utile non solo nel controllo di epilessia e attacchi parossistici non epilettici, ma in alcuni soggetti, anche su miglioramento del sonno, attenzione, comunicazione ed aspetti comportamentali con minore irritabilità ed “esplosività”.
Sempre nell’ambito degli studi del Consorzio, il Dottor Landstrom ha illustrato il ruolo dell’ATP1A3 nell’aritmogenesi cardiaca: lo studio in corso su 123 pazienti ha dimostrato come i pazienti portatori di mutazione abbiano il tratto QTc, parametro misurabile all’elettrocardiogramma, più corto, ed in particolare quelli con mutazione D801N. Questo riscontro, sebbene in misura minima, predisporrebbe maggiormente questo gruppo di soggetti ad aritmie ventricolari, in particolare in occasione di sedazione o in corso di episodi di rallentamento del battito cardiaco.
La sessione sul consorzio IAHCRC si è conclusa con una proposta di studio sull’efficacia della dieta chetogenica da parte della Dott.ssa Fons, Ospedale San Joan de Déu, Barcellona.
Cogliamo l’occasione per sottolineare come, grazie alla grande collaborazione delle famiglie e del supporto di AISEA, possiamo dire con orgoglio di aver contribuito alla quasi totalità degli studi proposti dal Consorzio. Come coordinatrici, riteniamo importantissimo proseguire su questa strada, fondamentale, per una patologia rara come l’EA, anche per fare in modo che la ricerca venga indirizzata sempre di più a favore dei bisogni e delle cure dei pazienti, ma anche delle loro aspettative.
E arriviamo così all’ultima relazione del pomeriggio, svolta da parte di Nina Frost, mamma della piccola Annabel e coordinatrice della “Hope for Annabel Foundation” americana. La cosa che ha colpito di più è che in questa relazione, a tratti a carattere prettamente aziendale, le strategie di ricerca sono state esplicitate, analizzate e sistematizzate in maniera francamente manageriale e ad impronta “economica”, e, ovviamente “americana”. Nonostante questo sia un approccio a cui noi europei non siamo abituati, anche per le enormi differenze di organizzazione e finanziamento in cui versano i due diversi sistemi sanitari e l’ambito della ricerca, vi sono stati alcuni spunti molto interessanti. In particolare, è stata sottolineata l’importanza del fatto che i diversi ambiti di ricerca, scienza basica, terapia genica, screening farmacologico, studi su meccanismi di malattia e storia naturale debbano essere ugualmente supportati ed indirizzati alla collaborazione in modo da massimizzare l’efficienza di tutti gli sforzi e a creare una vera e propria “infrastruttura” della ricerca.
La seconda sessione
La seconda sessione del Simposio, dedicata alla scienza basica ed alla neurofisiologia, si è aperta con due relazioni dedicate principalmente alla delucidazione di struttura e funzione della proteina ATP1A3, da parte del Dr Yano, dell’Università di Chicago, e della dott.ssa Poulsen, della Aarhus University, Danimarca. In particolare, il gruppo del Dr Yano ha identificato un gruppo di 9 pazienti, portatori di una nuova mutazione ATP1A3, in cui una perdita di cationi, ossia particelle cariche positivamente (come gli ioni sodio, trasportati appunto dalla pompa ATP1A3 che in questi individui è risultata essere malfunzionante) ha determinato un nuovo e caratteristico fenotipo con spasticità e disabilità intellettiva. Questo meccanismo molecolare, meno “tossico” rispetto a quelli già descritti in passato, potrebbe spiegare il fenotipo meno grave e maggiormente compensato di questi pz, dove i fenomeni parossistici sono nettamente meno frequenti. Questa nuova scoperta ampia ulteriormente lo spettro di quadri clinici legati a mutazioni ATP1A3.
È stata la volta quindi del Prof Van der Maagdenberg, dell’Università di Leiden, Paesi Bassi, che ha investigato il fenomeno chiamato “spreading depolarization” nei topi mutati ATP1A2. Questo fenomeno, che risulta essere “fisiologico”, ossia presente in individui normali, è caratterizzato dalla lenta propagazione di una depolarizzazione dei neuroni e degli astrociti (ossia le cellule del cervello o sistema nervoso centrale) seguito da un periodo di soppressione elettrica (ossia inattivazione). Questo fenomeno causa a sua volta un depauperamento delle energie cerebrali. Un cervello normale è in grado di far fronte in maniera reversibile a tale fenomeno, che in tessuti sani causa sintomi ad esempio quali l’emicrania. Tuttavia, in tessuti cerebrali metabolicamente compromessi, come nei casi di mutazione ATP1A3, il fenomeno appare essere meno “benigno”. Le ricerche del suo gruppo hanno dimostrato infatti come, nei topi mutati ATP1A2 (mutazione per alcuni aspetti analoga a quella ATP1A3) questo fenomeno possa avere conseguenze maggiori, come epilessia, ictus o severa apnea. Che un meccanismo del genere possa essere coinvolto nella genesi dei disturbi dei pazienti con EA appare a nostro parere verosimile, spiegando, a livello clinico, come in alcune occasioni fattori stressogeni di vario genere, normalmente superabili od affrontabili dai pazienti (febbre, emozioni, cambiamenti di temperatura, traumi di vario genere) possano portare a fenomeni parossistici o epilettici molto severi o deterioramento neurologico. Tale segnalazione risulta ancora più importante in relazione al fatto che questo fenomeno può essere oggetto di trattamento.
A seguire, il prof Rosewich, Università di Gottingen, Germania, ha illustrato la caratterizzazione e lo sviluppo di organelli neuronali bioingegnerizzati a partire da cellule staminali, utili per studi molecolari e di funzione. La dott.ssa Hart, della Brown University, Rhode Island, ha descritto un modello di malattia legato a mutazione ATP1A3 a partire dal verme C elegans, in grado di spiegare un altro peculiare fenotipo riscontrato in un paziente con atassia progressiva ad esordio in età adulta, disartria e segni piramidali. Un’altra interessante relazione è stata quella inerente ad un possibile coinvolgimento della barriera emato-encefalica (BBB) nei meccanismi di mutazione ATP1A3, tenuta dal professor Campbell, del Trinity College di Dublino. Tale ipotesi è nata sulla base del riscontro di mutazioni a carico della “claudin-5” CDLN5, una proteina componente giunzionale della BBB, in due pazienti con fenotipo simil EA ad esordio pediatrico. La CDLN5 ha un ruolo essenziale nel mantenere una corretta funzione di barriera per la microcircolazione del sistema nervoso, mentre la mutazione riscontrata trasformerebbe la proteina giunzionale in un canale di trasporto selettivo per particelle negative, dando vita così a un fenomeno fisiopatologico simile a quello riscontrato nell’EA.
Il Prof Campbell conclude auspicando la possibilità di ulteriori studi che indaghino il coinvolgimento della BBB nell’EA, in particolare attraverso studi metabolici su liquor. Questa osservazione risulta particolarmente interessante anche per il recente riscontro di un importante miglioramento clinico di un paziente EA italiano sottoposto ad una serie di massaggi drenanti a carico di microcircolo e linfonodi. Il trattamento potrebbe agire anche drenando il liquor cerebrospinale, liquido che circonda e nutre il sistema nervoso centrale, con un meccanismo d’azione che attraverso la BBB riequilibrerebbe quello che viene chiamato il sistema gliolinfatico.
Presentazione e discussione dei poster
Durante la pausa pranzo vi è stata la presentazione e discussione dei poster. Come gruppo italiano, abbiamo portato due importanti contributi che hanno riscosso grande attenzione in molti dei colleghi presenti. Il primo, inerente al progetto collaborativo europeo volto allo sviluppo di una scala di valutazione specifica su EA, finanziato nell’ambito del progetto europeo La Marato’, ha mostrato i risultati preliminari sulla validazione della scala somministrata in maniera parallela sul gruppo spagnolo (16 soggetti) ed italiano (15 soggetti) dei pazienti afferenti alle associazioni di famiglia. I dati appaiono incoraggianti mostrando una buona consistenza della scala fra le 4 esaminatrici (Elisa De Grandis e Michela Stagnaro, AISEA; Carmen Fons, AESHA, Eleni Panagiotakaki, AFHA). È in programma una ulteriore sessione di validazione sui pazienti francesi il 17 novembre 2023.
Il secondo ha riguardato la storia del nostro Lorenzo F, affetto da mutazione E815K e che è mancato all’affetto di tutti nel gennaio 2022, dopo aver presentato, nel corso dei 5 anni precedenti, tre protratti e severi episodi di stato di male epilettici. Il desiderio di condividere la difficile gestione farmacologica e l’approccio multimodale della gestione intercritica, che ha previsto una stretta collaborazione tra medici e famigliari, è stato profondamente apprezzato, portando parecchi colleghi a interessarsi del percorso affrontato, soprattutto a scopo di condivisione e avanzamento su quelle che sono le scarse conoscenze del trattamento di pazienti EA in terapia intensiva e nel delicato periodo successivo. Ringraziamo Filippo e Silvia, i suoi genitori, per tutto il supporto che ci hanno dato nella preparazione del documento e auspichiamo di pubblicare la sua storia il prima possibile.
Per quanto riguarda gli altri posters presentiamo di seguito una sintesi:
- il gruppo di Clapcote (Leeds) ha studiato il fenotipo di un modello murino di CAPOS portatore della mutazione E818K che ha manifestato i sintomi della sindrome con andamento peggiorativo età dipendente
- il gruppo di Sweadner (Massachusetts) - il cui poster è stato selezionato per una breve comunicazione orale - ha condotto uno studio molecolare su linee cellulari che esprimono mutazioni AHC, focalizzato sul funzionamento dell’apparato di Golgi, in cui si verificano due processi di glicosilazione delle proteine (N-glicosilazione ed O-glicosilazione). Lo studio dimostra che nelle cellule AHC vi è una compromissione della glicosilazione a causa di una frammentazione del Golgi che può essere secondaria all’alterazione della concentrazione di calcio causata dalla mutazione ATP1A3, e questo ha ripercussioni sulla composizione di alcune proteine di superficie. La glicosilazione delle proteine di superficie compromette l’interazione intracellulare, importante per lo sviluppo cerebrale e per la plasticità neuronale e può quindi svolgere un ruolo cruciale nella fisiopatogenesi della AHC, oltre alla disfunzione della pompa NA K Atpasi
- il gruppo di Brashear (Buffalo) ha presentato una proposta di protocollo di valutazione in telemedicina per meglio caratterizzare le manifestazioni cliniche dei disordini dello spettro ATP1A3;
- il gruppo di Mikati (Duke) ha esposto i risultati di uno studio condotto su topi portatori di mutazione D801N ATP1A3 e le conseguenze fenotipiche rispetto all’iniezione intracranica dell’anestetico isofluorano
- il gruppo di George (Chicago) ha presentato due posters, il primo su un modello murino portatore di mutazione ATP1A3 G947R proponendolo come un modello utile per valutare l’efficacia di terapie per la sindrome. Il secondo ha individuato un’anomalia dell’attività di network neuronale in cellule staminali pluripotenti derivate da pazienti AHC con mutazione E815K
- il gruppo di Leite (Brasile) ha esposto i risultati preliminari di un modello dei disordini associati alla disfunzione della pompa Na,K Atpasi, che utilizza cellule staminali della polpa dentale (DPCS)
- il gruppo di Scavone (Brasile) ha condotto uno studio che ha riscontrato come l’obesità causi una riduzione dell’attività della pompa Na,K Atpasi nel cervelletto di topi femmina che può essere secondaria all’aumento delle stress ossidativo e all’infiammazione sistemica associata all’obesità
- Nina Frost, coordinatrice della “Hope for Annabel Foundation” americana, ha presentato i risultati di una “survey” condotta su pazienti affetti da AHC in cui si chiedeva loro di indicare i sintomi negli ultimi sei mesi e quali di essi avrebbero voluto eliminare/ridurre più di altri, ritenendo che sia fondamentale il parere e la percezione dei pazienti anche nel disegno di trials clinici e nella ricerca di future opzioni terapeutiche
- il gruppo di Sharma (Boston) ha illustrato 4 casi clinici portatori di diverse mutazioni in ATP1A3 (p.N773H, p.P323L, p.G706R e p.775L), sottolineando quanto spesso sia complessa la correlazione genotipo/fenotipo e come sia necessario migliorare la conoscenza della funzionalità delle mutazioni delle proteine anche per meglio caratterizzare i fenotipi
- il gruppo di Hart (Providence RI) ha presentato un modello della sindrome AHC nel C. elegans in cui ha espresso gli alleli delle mutazioni D801N, E815K e L839P, che potrebbe essere utile per studiare come tali mutazioni causino la sindrome AHC
- Il Dr Henderson ha presentato l’applicazione “E”, ancora in fase di sviluppo, che raccoglie i profili dei pazienti, la registrazione degli episodi, la gestione della terapia, reports esportabili e una sezione per chiedere consulenza, proponendola come un possibile strumento per tracciare gli episodi di AHC.
La terza sessione
La terza sessione del Simposio, dedicata agli avanzamenti terapeutici, ha presentato in particolare gli aggiornamenti rispetto a quella che viene definita la “terapia genica”, ossia una terapia che mira a ricostituire alla base il difetto molecolare a carico del gene ATP1A3. Un possibile approccio, illustrato dal biologo Prof Dickinson, potrebbe essere quello di agire sull’ “epitranscrittomica”, ossia il complesso processo regolatorio che porta alla produzione della proteina a partire dal gene attraverso l’RNA, una macromolecola essenziale per la produzione della pompa ATP1A3 e delle proteine in generale. Il Dr Sousa, dell’Università di Harvard, ha mostrato la possibilità di correggere “in vitro” il difetto genico a carico di ATP1A3 in una linea di cellule umane chiamata HEK293 e di cellule staminali umane pluripotenti ed “in vivo” nelle cellule di topo D801N, attraverso il vettore virale AAV9. Ulteriori esperimenti per implementare la precisione della metodica sia sulle cellule che nei topi verranno svolti nel 2024. Il Prof. George ha invece illustrato un approccio differente, attraverso l’uso di “oligonucleotidi antisenso” (ASO), molecole di tipo RNA che invece di correggere il difetto molecolare perennemente, riducono il prodotto patologico delle mutazioni. Con questa modalità, sempre studiata a livello molecolare, la mutazione verrebbe “silenziata”, ossia il prodotto aberrante soppresso attraverso questi specifici oligonucleotidi antisenso chiamati “knockdown”. Questa linea di ricerca è tuttavia ancora ricca di incertezze: quale debba essere il livello di soppressione necessario, quale la scelta della migliore molecola utilizzabile (ASO knockdown versus ASO splice-modulating), la eventuale tossicità di queste molecole in vivo, la possibilità che venga silenziata anche la proteina ATP1A3 normale con conseguente cambio fenotipico al posto di una normalizzazione.
La quarta sessione
Dopo che il Dr Terrey, direttore di studio dei Laboratori Jackson ha illustrato le caratteristiche dei topi mutati D801N e E815K e il loro possibile coinvolgimento negli studi terapeutici, si è svolta l’ultima e quarta sessione del Simposio. La Prof.ssa Brashear, dell’Università di Buffalo, ha presentato lo studio sulla fenotipizzazione dei disordini ATP1A3 correlati che ha ricevuto un finanziamento di 3,3 milioni di dollari da parte del “National Institute of Health” americano (!). La Dott.ssa Papadopoulou, Ospedale Universitario di Lione, ha parlato della App elettronica diario delle crisi per il monitoraggio di frequenza, durata e tipologia di attacchi parossistici da parte delle famiglie. Il congresso si è chiuso con l’emozionante relazione della dott.ssa Bichell, afferente al Consorzio per le misure di outcome e biomarkers per i disturbi del neurosviluppo (COMBINEDBrain), che ha raccontato il suo percorso di mamma poi diventata biologa nell’ambito della ricerca di una cura per la sindrome di Angelman, la rara malattia genetica di cui è affetta la figlia.
Ringraziando di cuore AISEA per il supporto fornitoci in questa ulteriore esperienza di crescita, proseguiamo con entusiasmo il nostro itinerario di ricerca per l’Emiplegia Alternante, auspicando un concreto avanzamento nei percorsi di cura.
- Prof.ssa Elisa De Grandis, IRCCS Istituto Giannina Gaslini, Università degli Studi di Genova - DINOGMI
- Dott.ssa Michela Stagnaro, IRCCS Istituto Giannina Gaslini
- Dott.ssa Livia Pisciotta, ASST Fatebenfratelli Sacco, Università di Milano
- Dott.ssa Ramona Cordani, IRCCS Istituto Giannina Gaslini, Università degli Studi di Genova - DINOGMI