Quante battaglie affronta chi ha una malattia rara? E i suoi famigliari? Sono tante, tantissime e si ripetono ogni giorno. La patologia? Certamente è il principale dei problemi: il dramma della diagnosi e dalla mancanza di una cura sovvertono l’equilibrio di una famiglia e della persona che vive sulla propria pelle la malattia. La difficile consapevolezza che si acquisisce lentamente e la terribile convivenza con le crisi improvvise – di emiplegia alternante nel nostro caso – sono solo l’apice di un’infinità di problematiche che investono a cascata i pazienti e i loro famigliari senza continuità di sosta.
“Non voglio rinunciare!” – si sfoga Andrea, uno dei nostri giovani con emiplegia alternante, che abbiamo imparato a conoscere come un ragazzo caparbio, spesso preda delle sue stesse emozioni in bilico tra rabbia e insoddisfazione, speranza e sogni. Su di lui pesa il fardello di una sindrome rara, l’emiplegia alternante appunto, che si può scatenare all’improvviso con picchi repentini: inizia con tremori che possono risolversi da soli ma anche degenerare rapidamente, provocando rigidità delle membra in uno o ambo i lati del corpo, con grande sofferenza fisica e psichica. Se non si è preparati, chi assiste a una crisi può spaventarsi per timore di non saper gestire l’emergenza. Subentra la Paura, doppiamente nemica di tutti i ragazzi con disabilità, poiché gli stessi sono vittime sia delle loro paure che possono trasformarsi in veri e propri attacchi di panico sia delle ansie di una società impreparata a gestire la diversità.
“Mi è capitato spesso di rinunciare a una gita oppure a fare attività che i mie coetanei svolgono normalmente, solo perché le persone temono che subentri una crisi. – spiega Andrea Ceroni – Questo per me è frustrante. Io stesso ho paura, ma cerco di andare oltre la mia malattia, non mi arrendo e sono grato a chi osa insieme a me, chi si assume qualche rischio per assecondare il mio desiderio di normalità … qualche volta va bene, altre un po’ meno, ma fa parte della vita e io voglio vivere per intero, non a metà”.
“Luisa e Letizia, le mie sorelle, mi hanno sempre aiutato a superare questi ostacoli – prosegue Andrea – Di recente mi hanno accompagnato a Firenze a visitare il Kaikan, un Centro culturale dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. Nonostante abbia avuto una crisi, sono riuscito ugualmente a vivere una bella esperienza. In quest’occasione sono stato felice di incontrare Antonella Nesi, un’amica del gruppo di pratica Buddista, che mi ha sostenuto nelle mie aspirazioni anche nei momenti di difficoltà.”
Quanto sia unico per una persona con disabilità l’amore fraterno (dei cosiddetti siblings) Andrea lo esprime bene nella seconda canzone che ha realizzato: “Quello che penso di mia sorella”, dedicata a Letizia (nella foto), la più piccola. “Lei vive in me perché è mia sorella …” recitano i versi del brano, a testimoniare un affetto profondo nonostante i loro frequenti litigi.
“Oltre alla mia famiglia, un amico speciale che non si è fatto spaventare dalla mia malattia è Edoardo Cialfi. – commenta Andrea – Edoardo mi ha aiutato nella scrittura, mi ha portato con lui a ballare, mi ha fatto scoprire le donne e capire la differenza tra sesso e amore. Quest’ultimo aspetto viene spesso visto come un tabù, ma anche una persona disabile ha le stesse esigenze e i desideri di tutti i giovani e sente il bisogno di realizzarsi nell’amore. Non è impossibile! Ho conosciuto una coppia di ragazzi stranieri con emiplegia alternante sposati e innamorati, questo mi ha dato speranza.”
E di speranza parla anche l’ultimo e quinto tatuaggio dell’irriducibile Andrea che richiama un episodio della serie Manga “One Piece” e rappresenta la speranza di una vita migliore e il diritto a guarire. Come non augurare a lui e a tutti i nostri ragazzi che questa speranza resti sempre viva nei loro cuori e possa avverarsi non come un miracolo ma come un traguardo della scienza.
Nella foto: Andrea insieme alla sorella, Letizia