Si sente parlare di “dieta chetogena” fin dai primi del Novecento, quando si iniziò a sperimentare questo speciale regime alimentare nel tentativo di migliorare il controllo delle crisi epilettiche. Si tratta di una dieta povera di carboidrati (zuccheri) e ricca di grassi, che induce nell’organismo la formazione di sostanze acide dette “corpi chetonici” (acetone, acetoacetato, D-Beta-idrossibutirrato). I chetoni sono dei sottoprodotti del metabolismo dei grassi e vengono sintetizzati nel fegato per ottenere energia quando il livello di glucosio è troppo basso. L’aumento della concentrazione di corpi chetonici nel sangue determina una condizione naturale definita chetosi. Secondo le ipotesi più accreditate sarebbero proprio i corpi chetonici a ridurre l’eccitabilità dei neuroni coinvolti nell’insorgere delle crisi epilettiche, regolando la produzione e l’azione di specifici neurotrasmettitori.
L’efficacia della dieta chetogena o chetogenica è stata valutata negli ultimi anni in forme diverse di epilessia e sindromi epilettiche farmacoresistenti a esordio infantile. È un’opzione terapeutica estrema da valutare esclusivamente per i casi che non rispondono ai farmaci e sotto il controllo di uno specialista.
In una malattia neurologica rara come l’emiplegia alternante dell’infanzia (AHC), caratterizzata anche da manifestazioni parossistiche epilettiche, la dieta chetogena è intrapresa in via sperimentale. Uno dei bambini delle famiglie A.I.SEA affetto da emiplegia alternante segue questa terapia nutrizionale, monitorato dalla dottoressa Domenica Mirella Elia, nutrizionista presso l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, esperta nella dieta chetogena e autrice de “Il Manuale di nutrizione nelle patologie pediatriche”.
Per fare un po’ di chiarezza su questo complesso regime alimentare abbiamo rivolto alla dott.ssa Elia dieci domande, ringraziandola per la disponibilità a risponderci e per il prezioso lavoro che quotidianamente svolge con molti piccoli pazienti sull’imprescindibile binomio alimentazione e salute.
Prima di iniziare una dieta chetogena che valutazioni preliminari vanno effettuate?
La dieta chetogena va considerata una terapia a tutti gli effetti e pertanto può essere assimilata ad una terapia farmacologica poiché provoca delle risposte biochimiche all’interno dell’organismo andando ad agire sui neurotrasmettitori e sulla polarità delle membrane cellulari diminuendo l’eccitabilità dei neuroni. Essendo una dieta sbilanciata e con una % di lipidi molto alta è importante accertare l’esclusione di patologie che ne controindicano la somministrazione come nel caso di alcune patologie metaboliche (che coinvolgono il metabolismo dei grassi), dislipidemie genetiche, patologie renali, diabete insulino dipendente, disturbi del comportamento alimentare.
Di quali fattori si tiene conto per creare una dieta bilanciata a misura del paziente?
Nel caso della dieta chetogena non si può parlare di regime bilanciato perché allontanandosi dal modello di dieta mediterranea, lo scarso apporto di carboidrati (presenti esclusivamente attraverso il consumo di piccole quantità di verdura e frutta) determina una carenza di fibre e di micronutrienti come vitamine e minerali (pertanto vanno regolarmente supplementati). Il fabbisogno energetico, fornito prevalentemente dai grassi, viene stabilito valutando le necessità individuali (che possono variare in relazione al grado di compromissione neurologica e di deambulazione) e gli apporti spontanei sulla base dell’andamento della crescita, la quota proteica viene raggiunta utilizzando quasi esclusivamente proteine di origine animale ad alto valore biologico per coprire i fabbisogni di aminoacidi essenziali.
Durante questa terapia nutrizionale è necessaria un’attività di counseling e monitoraggio?
L’attività di monitoraggio è fondamentale soprattutto nei primi 6 mesi di terapia e consiste sia nell’effettuare dei controlli a domicilio (misurazione glicemia e chetonemia) e in ospedale (in media ogni 3 mesi), sia nella valutazione dei parametri di crescita.
L’attività di counselling è fondamentale perché il supporto costante e continuo è la chiave per aumentare e sostenere la compliance a lungo termine.
A quale età si può intraprendere questo regime alimentare?
La dieta chetogena può essere iniziata a qualsiasi età, addirittura nel primo anno di vita se necessario (è quanto accade per es. in due patologie metaboliche, il deficit Glut 1 e deficit PDH). La differenza con il soggetto adulto è che il bambino riesce a formare e ad utilizzare i corpi chetonici in maniera più efficiente.
Dopo quanto si vedono i primi risultati della dieta e per quanto può essere somministrata?
I risultati clinici dipendono dal tipo di patologia e dalla sintomatologia, a volte la sintomatologia può riguardare solo un disturbo del movimento e quindi ci vuole più tempo per avvertire un miglioramento, a volte invece può riguardare la frequenza e l’intensità delle crisi e, in questo caso, si può riscontare un effetto positivo in un tempo più breve. Solitamente i primi 3 mesi di terapia possono essere sufficienti per avere una risposta clinica.
In base alle Linee Guida internazionali, a distanza di 2 anni si può fare un tentativo di sospensione provando a diminuire il rapporto chetogeno (riducendo la quantità dei grassi o aumentando la presenza dei carboidrati) per valutare la risposta clinica, in ogni caso la dieta può essere effettuata fino a quando ci sono effetti positivi, è ben tollerata e non insorgono effetti collaterali.
Quali sono le maggiori difficoltà nel seguire correttamente questo sistema alimentare?
La maggiore difficoltà è la monotonia, la presenza costante di alte quantità di grassi (che possono alla lunga creare senso di disgusto) e soprattutto la rigidità nel dover rispettare scrupolosamente le quantità prescritte. Fortunatamente esistono delle APP dedicate che facilitano il lavoro (e quindi si ha la possibilità di “inventare” dei piatti e degli abbinamenti diversi), dei prodotti in commercio nati proprio per la dieta chetogena (che riproducono alcuni alimenti normalmente “proibiti” come pane, pizza e pasta) ma soprattutto delle ”supermamme” come Cristina Di Folco, la mamma di Francesco, che con tanta passione e inventiva mi ha supportato nella realizzazione di preparazioni gustose e fantasiose adatte ad ogni esigenza e occasione.
Questa è una terapia dietetica che va affrontata a “più mani” e credo che tante malattie possano essere dominate quando scatta “l’alleanza terapeutica” con le famiglie.
Quali sono i possibili effetti collaterali per chi si sottopone a una dieta chetogena?
Gli effetti collaterali possono essere presenti all’inizio e sono rappresentati da ipoglicemia e acidosi metabolica ma ormai sono stati minimizzati perché si procede in modo molto graduale per quanto riguarda la fase di induzione della dieta (tant’è che nei bambini oltre i 10 anni si può anche iniziare a domicilio). Gli effetti collaterali a lungo termine possono essere rappresentati da rallentamento della crescita, calcoli renali, osteopenia ma, anche in questo caso, il costante monitoraggio della crescita con l’adeguamento degli apporti nutrizionali e l’integrazione con vitamine e minerali ha ridotto enormemente l’incidenza di queste manifestazioni.
Esistono modelli alimentari diversi appartenenti alla medesima dieta?
La dieta chetogena classica prevede il rispetto di un rapporto fisso tra grassi e carboidrati + proteine che deve essere mantenuto ad ogni pasto ed è necessario per poter ottenere un valore di chetonemia valido ed efficace.
Il rapporto classico è 4:1 (90% circa dell’apporto lipidico) ovvero 4 grammi di lipidi per 1 grammo tra proteine e carboidrati; se assicurare questo rapporto diventa troppo difficile, soprattutto nei bambini più grandi o negli adolescenti, il rapporto può essere ridotto a 3:1 (86% di grassi). L’introduzione dei grassi MCT (l’olio di cocco è un esempio) facilita la formazione dei corpi chetonici consentendo la riduzione dell’apporto di lipidi per aumentare leggermente la quota di carboidrati. Infine esiste anche un regime alternativo alla dieta chetogena classica che prevede una maggior libertà e meno rigidità nell’assunzione di grassi e proteine pur mantenendo il divieto assoluto di assunzione di carboidrati (MAD Modified Atkins Diet). Questo regime dietetico può essere utile quando comincia a vacillare la compliance alla dieta e può costituire un tentativo per evitare il definitivo abbandono anche se difficilmente consente il mantenimento di una chetosi adeguata.
Esistono centri di riferimento?
Esistono vari centri in tutta Italia che si occupano del trattamento della dieta chetogena che collaborano attraverso il Network Keto – Italia nella stesura di protocolli e formazione di gruppi di studio e progetti di ricerca.
Che risultati ha osservato nel bambino con emiplegia alternante che segue questa dieta?
Francesco ha iniziato la dieta circa 5 anni fa e ho potuto osservare nel tempo dei risultati incredibili perché adesso è in grado di camminare e di relazionarsi con l’ambiente in modo interattivo grazie anche al prezioso sostegno costante da parte dei suoi splendidi genitori.
Nella foto di apertura il piccolo Francesco insieme alla dottoressa Domenica Mirella Elia in occasione di un evento di show cooking sulla dieta Chetogena. In evidenza qualche pietanza preparata da mamma Cristina secondo le regole della dieta.