Mentre fiorisce la natura al sole di primavera, sboccia negli animi il fiore della speranza in un veloce ritorno alla normalità: il sogno della quotidianità prima del Covid.
I ragazzi sono i primi a sentire l’esigenza della spensieratezza e della complicità del gruppo tipiche della loro età, quelli che hanno più desiderio di condividere con gli amici emozioni e sentimenti, di scoprire la vita qualunque sorpresa essa gli riservi. La loro energia, imprigionata nella “gabbia” dei divieti imposti dalla pandemia, ha bisogno di evadere ed esprimersi in libertà.
La testimonianza di Arnela
I giovani che convivono con una sindrome rara soffrono già la prigionia della malattia che detta loro pesanti limitazioni. In questo anno e mezzo trascorso all’ombra della pandemia, lo stress di ulteriori vincoli ha reso ancora più precaria la “pseudo normalità” e il difficile equilibrio psicologico che questi ragazzi e le loro famiglie si sono conquistati nell’affrontare la rarità della loro condizione attraverso semplici gesti quotidiani.
“Mi sono stufata di questo Covid – scrive Arnela – vorrei fare il vaccino e andare da qualche parte, uscire senza mascherina e senza il gel, mi mancano i miei amici. Vorrei tornare in cooperativa, frequentare in presenza, andare a fare delle passeggiate. Non è bello fare solo le attività online.”
Arnela (25 anni), soffre della rara sindrome di emiplegia alternante e in questo periodo di “coprifuoco” è stata costretta a trascorrere una vita prevalentemente “on line”, come molti dei suoi coetanei, con la minaccia incombente del Coronavirus aggravata dalla sua condizione di salute.
Il sogno di un ritorno alla quotidianità prima della pandemia è evidente nelle sue parole che arrivano al termine del racconto di come trascorre le giornate della settimana “in rete”:
“Lunedì sono libera tutto il giorno, al pomeriggio vado a fare una passeggiata con mamma; martedì con la mia educatrice Martina facciamo giochi educativi online, vediamo alcune slide e cerchiamo le ricette; mercoledì faccio lezione di cucina con Annalisa; Giovedì faccio lezione di musica con Marco e cantiamo con altri ragazzi; Venerdì mattina faccio attività con Noemi, parliamo di animali e al pomeriggio sono libera. Al pomeriggio in genere mi risposo un’ora e dopo cena parlo con un gruppo di amici tramite Skype. Siamo sette ragazzi facciamo i giochi, chiacchieriamo, balliamo, cantiamo.”
Le attività sono molte e varie, tante sono le persone presenti nella vita di Arnela, a mancare però restano i contatti fisici e un certo senso di libertà, quell’autonomia conquistata nel perimetro protetto che la malattia le concede, senza impedirle di vivere con gioia momenti di svago insieme alla famiglia e agli amici.
Cos’è l’emiplegia alternante e chi se ne occupa in Italia ?
L’emiplegia alternante è una sindrome rarissima che esordisce nell’infanzia, caratterizzata da frequenti attacchi che provocano la paralisi di uno o di entrambi i lati del corpo, causando danni neurologici anche molto gravi in chi ne soffre. Basta un’emozione o una variazione di temperatura per scatenare una crisi violenta, molto dolorosa e invalidante. La ricerca scientifica, finanziata quasi totalmente dalle associazioni di pazienti, non ha individuato ancora un farmaco efficace a curare questa malattia rara, la cui principale causa risiede nelle mutazioni del gene ATP1A3. Le famiglie italiane colpite dall’emiplegia alternante fanno riferimento all’Associazione Italiana Sindrome di Emiplegia Alternante (A.I.S.EA), fondata nel 1999.
Dalla ricerca alla socialità nella speranza di un futuro migliore
A.I.S.EA è il promotore e sostenitore dell’unico progetto di ricerca farmacologica internazionale sull’Emiplegia Alternante, denominato “TREAT AHC”, per finanziare il quale e sensibilizzare sulla malattia l’associazione è alla costante ricerca di fondi e di visibilità. Per supportate le famiglie durante il periodo del Lockdown, A.I.S.EA ha intrapreso con i soci un percorso di supporto psicologico on line attraverso gruppi di “incontro-ascolto” formati sia da ragazzi o bambini sia dai loro genitori. L’iniziativa pionieristica, seppur nei limiti della modalità virtuale, ha il pregio di togliere dall’isolamento persone che vivono analoghe situazioni di difficoltà in regioni diverse, consentendo loro di condividere ansie e preoccupazioni con la mediazione di una psicologa.