A fine marzo è stata pubblicata dall’editore scientifico “Dove Press” una review sull’Emiplegia Alternante (AHC) condotta dal gruppo di ricerca dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, guidato dal neurologo Alessandro Capuano insieme ai ricercatori Giacomo Garone, Giuseppe Tiralongo, Federica Graziola.
Correlazione tra genotipo e fenotipo nelle variazioni del gene ATP1A3
La review è incentrata sulla correlazione fra il corredo genetico (genotipo) dell’individuo con sindrome di EA e l’insieme dei caratteri che egli manifesta (fenotipo) nelle variazioni del gene ATP1A3, che rappresentano oltre il 70% dei casi di emiplegia alternante.
In particolare, tre mutazioni rappresentano circa il 60% di tutti i casi: la variante p.Asp801Asn causa il 30–43% di tutti i casi, p.Glu815Lys è responsabile del 16–35% dei casi e p.Gly947Arg rappresenta l’8-15%. Queste tre mutazioni sono associate a un fenotipo clinico diverso in termini di sintomi, gravità e prognosi.
I modelli in vitro e in vivo rivelano che l’attività della pompa sodio-potassio (Na + / K + ATPase) ha un ruolo cruciale nel mantenimento del corretto potenziale della membrana e nella sopravvivenza e stabilità dei neuroni. L’interruzione delle normali funzioni dell’attività della pompa sodio-potassio può determinare diversi fenotipi della malattia.
Complessità dell’Emiplegia Alternante e diverse categorie fenotipiche
L’emiplegia alternante è una condizione complessa in cui il quadro clinico include eventi parossistici che fluttuano nel tempo, distonia, epilessia, atassia, nonché disabilità intellettiva e disturbi comportamentali; di conseguenza, comprendere il corso naturale, la prognosi e le aspettative è cruciale per l’assistenza dei pazienti.
Per le tre mutazioni più frequenti e ricorrenti, si è ragionevolmente in grado di sapere quale sarà il decorso clinico, quali condizioni si devono trattare e, forse, prevedere la prognosi. Sfortunatamente, una percentuale relativamente piccola di pazienti rimane senza diagnosi o non rientra in una di queste tre categorie fenotipiche; la maggior parte di essi presenta segni e sintomi neurologici associati in modo variabile.
Comprendere i meccanismi molecolari che sono alla base delle interruzioni della funzione della proteina ATP1A3 è fondamentale per poter individuare nuovi approcci terapeutici. La modellizzazione in vitro e i modelli animali di malattia che fenotipizzano sempre più la condizione clinica umana sono il quadro ideale entro cui è possibile sviluppare un nuovo trattamento efficace.