Verso le nuove frontiere dell’emiplegia alternante

Si è aperta all’insegna del futuro l’edizione 2023 del “Meeting Nazionale delle Famiglie A.I.S.EA”, che si è svolta a Roma nel week-end dell’1 e 2 aprile scorsi. Il Dr. Danilo Tiziano e la Dr.ssa Agnese Novelli (Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Fondazione Policlinico “A. Gemelli”) hanno aperto il convegno con due interventi scientifici che esplorano le “nuove frontiere” dell’emiplegia alternante. La ricerca su questa rarissima malattia sta, infatti, attraversando una fase positiva e cruciale al tempo stesso per l’avvio di differenti studi promettenti, sia all’estero sia in Italia.
La dott.ssa Agnese Novelli ha focalizzato l’attenzione su due strategie terapeutiche innovative presentate in occasione dell’ultimo Simposio “ATP1A3 in Disease” ad Edimburgo, che rientrano nell’ambito della terapia genica: “ATP1A3 Gene Editing” e “Terapia con Oleonucleotidi Antisenso (ASO)”.

ATP1A3 Gene Editing

Il gene editing è una tecnica che prevede il riconoscimento di una specifica sequenza di DNA “errata” (in cui cioè è presente una mutazione) e la sua “riparazione” mediante la ricostruzione della sequenza normale.  Attraverso questa tecnica viene dapprima individuata la sequenza mutata; quindi, mediante una tecnica chiamata “CRISPR-Cas9” (una sorta di “forbice molecolare” che consente l’apertura del DNA), la sequenza bersaglio difettosa viene eliminata e sostituita con quella normale. Questa tecnologia è in continua evoluzione, per cui si può sostituire anche una sola “lettera” del DNA. I ricercatori stanno testando questa metodica, chiamata “prime editing”, all’interno di cellule di topo per correggere la mutazione ATP1A3 D801N. Lo scopo è valutare gli effetti sia sull’aumento della sopravvivenza del modello animale che sulla diminuzione della sintomatologia causata dalla mutazione. Va tenuto presente che il gene editing applicato al topo non potrà essere impiegato direttamente sull’uomo, perché la sequenza del DNA umano in cui sono localizzate le mutazioni ATP1A3 presenta piccole differenze rispetto a quella del modello murino, aspetto che complica l’applicazione di questa tecnica ai pazienti umani e potrebbe condizionarne l’efficacia.

Terapia con Oligonucleotidi Antisenso (ASO)

La terapia con Oligonucleotidi Antisenso (ASO) parte dal presupposto che in ogni individuo sono presenti due copie di ciascun gene: nei pazienti con la mutazione ATP1A3 (e in generale in tutte le persone che presentano una mutazione) una delle due copie è difettosa, mentre l’altra è integra. Questa strategia si propone pertanto di eliminare gli effetti nocivi della copia difettosa utilizzando gli Oligonucleotidi Antisenso (ASO), che si legano all’RNA messaggero (mRNA), inibiscono la sua funzione ed evitano la formazione della proteina mutata.
In questo processo è necessario cercare di capire se l’inibizione della copia mutata sia sufficiente a produrre una risposta positiva al trattamento, ovvero se la copia normale del gene sia in grado di compensare l’inibizione della copia mutata, producendo comunque una quantità di proteina sufficiente a garantire la normale funzione cellulare. E’ anche necessario verificare se gli ASO, che dovrebbero agire solamente sulla copia mutata, colpiscano solo quella o vadano invece a modulare anche quella normale. In quest’ultimo caso, la modulazione della copia non mutata potrebbe causare una produzione di proteina insufficiente a garantire la normale funzione della pompa ATPasica. In ogni caso è necessario creare ASO mirati per tutte le singole mutazioni di ATP1A3 trattabili con questa tecnica.

Valutazione degli aspetti legati ai due approcci di terapia genica

In risposta ad alcune domande del pubblico, il Dr. Danilo Tiziano ha chiarito alcuni aspetti inerenti i due approcci terapeutici sopra esposti.
Entrambi sono applicabili a pazienti che presentano una mutazione conosciuta di ATP1A3, non a quelli con mutazioni genetiche diverse (per cui sono necessarie ricerche specifiche).
L’autorizzazione all’immissione in commercio di qualsiasi trattamento è specifica per ogni singola mutazione. Pertanto gli studi utilizzano come target le mutazioni con la più alta incidenza statistica nei pazienti (D801N, E815K e G947R). Poiché sono state riscontrate anche mutazioni più rare, che riguardano addirittura singoli pazienti, occorre individuare una strategia che possa essere efficace anche in questi casi. Infatti in questi casi rarissimi sarebbe necessario ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio di ciascun trattamento efficace per ciascuna specifica mutazione; non è realistico pernsare che un’azienda farmaceutica richieda di registrare un farmaco per un singolo paziente.
Negli studi di terapia genica si sta procedendo sul solco di precedenti esperienze in cui tale approccio si è dimostrato efficace (come nel caso della SMA) ma che impongono criteri severi di selezione ed eleggibilità dei pazienti alla terapia. Ad esempio, la terapia di gene editing per la SMA è stata autorizzata solo in pazienti che pesano fino a 13,5 kg e in presenza di una precisa mutazione. Inoltre, poiché i vettori virali impiegati per questo metodo sono presenti nell’ambiente, è necessario che il paziente non abbia sviluppato i relativi anticorpi. La terapia con Oligonucleotidi Antisenso (ASO) approvata per la SMA può invece essere somministrata a qualsiasi età, ma resta sempre legata alla presenza di mutazioni specifiche.
Tra le due metodiche, quest’ultima sembra più sicura perché non va a toccare il genoma e non integra modifiche; la situazione ottimale consiste comunque nell’individuare la terapia efficace con il più ampio spettro di azione.

Identificati nuovi geni responsabili dell’EA

Nel corso del suo intervento, il Dr. Tiziano ha comunicato che la comunità scientifica ha finalmente identificato nuovi geni responsabili di EA. Sappiamo infatti che le mutazioni ATP1A3 sono presenti nell’80% circa dei pazienti con emiplegia alternante, mentre nel residuo 20% alcuni pazienti presentano mutazioni in altri tre geni differenti, molto più rare rispetto a quelle di ATP1A3, finora individuate in una decina di soggetti. Questa è una scoperta importante perché aumenta la conoscenza dei meccanismi che sono alla base della malattia e agevola lo sviluppo di un adeguato approccio terapeutico.

Il progetto farmacologico TREAT-AHC 

Il Dr. Danilo Tiziano ha illustrato l’approccio terapeutico e gli aggiornamenti relativi allo studio farmacologico TREAT-AHC, che vede coinvolto il Dipartimento di Genetica Medica dell’Università Cattolica del S. Cuore di Roma in collaborazione con una cordata di partner internazionali.
La ricerca ha inizialmente cercato di capire cosa succede nelle cellule mutate, analizzando tutti i geni espressi ed evidenziando che, in presenza di mutazione ATP1A3, diversi sistemi appartenenti a cellule neuronali vengono alterati. La comprensione di quello che accade in presenza di una mutazione ATP1A3 consente di agire sull’effetto della mutazione e non sulla mutazione stessa, approccio che permette di trattare (sia pur con possibili complicazioni dal punto di vista della registrazione del farmaco) tutti i pazienti con emiplegia alternante causata dalle diverse mutazioni ATP1A3.
I ricercatori hanno quindi lavorato sull’identificazione di principi attivi potenziamente efficaci, valutando il loro l’effetto e il meccanismo di azione sulle cellule trattate rispetto a quelle non trattate.
Nel corso del 2022, in collaborazione con la Duke University (USA), sono stati effettuati i primi test sul modello murino con mutazione D801N, utilizzando tre diverse molecole.
Delle tre molecole testate si è analizzata dapprima la tossicità, confrontando la capacità dei topi trattati di girare sulla ruota senza cadere rispetto a quelli non trattati. Il secondo composto si è rivelato tossico ed è quindi stato escluso dalle fasi successive della sperimentazione; i possibili motivi della tossicità dovranno essere approfonditi. La molecola era già stata impiegata nella sperimentazione umana e animale senza tossicità per cui è possibile che si sia creato un problema durante la preparazione o nel mezzo in cui è stata sospesa; oppure che il composto diventi tossico in presenza di mutazione ATP1A3, cosa che ne escluderebbe l’utilizzo.
Si è quindi studiato l’effetto del trattamento con le due molecole rimaste sulle crisi distoniche, emiplegiche ed epilettiche provocate nell’animale costretto a nuotare nell’acqua fredda.
La prima molecola, somministrata in soluzione unica per sei giorni a dosaggi diversi, ha dato buoni risultati: non è risultata tossica e ha ridotto significativamente le crisi epilettiche, distoniche ed emiplegiche, con un miglioramento nel tempo delle capacità funzionali dei topi trattati.
La seconda molecola, somministrata in addome, non ha avuto nessun effetto in quanto non ha raggiunto il sistema nervoso centrale superando la barriera emato-encefalica.
Parallelamente alla sperimentazione farmacologica sono in corso altre attività, necessarie per le fasi successive del progetto. Dimostrare la sicurezza e l’efficacia di un farmaco potenzialmente efficace mediante tecniche e strumenti specifici è un passaggio indispensabile per ottenere l’autorizzazione degli enti regolatori alla sua produzione e messa in commercio, percorso questo lungo e complesso. Si sta pertanto lavorando alla ricerca di biomarcatori farmaco dinamici e strutturali. Nel primo caso si tratta di parametri biologici obiettivi che, monitorati nel tempo, consentono di valutare l’efficacia di un farmaco. Nel secondo caso si tratta di parametri strutturali, nello specifico la frequenza cardiaca, registrati per un determinato periodo e successivamente analizzati attraverso un algoritmo di “machine learning”.
Per valutare gli effetti dei trattamenti sui pazienti è stata inoltre disegnata dalle ricercatrici dell’Istituto Gaslini, in collaborazione con altri centri clinici internazionali, una scala clinica funzionale specifica per l’Emiplegia Alternante.
Terminata la fase pre-clinica dei test sul modello animale e ottenute le relative autorizzazioni sarà necessario avviare la fase di produzione del farmaco vero e prorio, per la successiva sperimentazione sui pazienti. Il tentativo di coinvolgere le grandi case farmaceutiche non ha avuto esito positivo, ma è stata di recente avviata un’interessante trattativa con un possibile partner industriale.

Il ruolo delle associazioni di famiglie

L’intervento del Dr. Tiziano si è concluso sottolineando come, in un tale contesto ricco di nuovi stimoli, il ruolo delle associazioni di famiglie sia fondamentale, perché svolgono un’attività di persuasione morale autorevole sull’opinione pubblica e sono in grado di influenzare la decisione di enti regolatori e aziende farmaceutiche nel sostegno della ricerca scientifica. Motivo per cui è sempre più importante che A.I.S.EA sia “presente, solida, propositiva e positiva.”